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Sentenza importante da stampare e fare girare.

Smontato in giudizio il preteso obbligo di risarcimento in forma specifica dell’assicuratore furbetto: ovvero non ha valore l’ obbligo “contrattuale” di far riparare la macchina dove pretende la compagnia di assicurazione.

Il Giudice di Pace di Pinerolo, con la sentenza 191 del 20 maggio 2013, ha deciso in senso favorevole al consumatore e al suo riparatore di fiducia resosi cessionario del credito, una vertenza relativa ad un indennizzo contrattuale dovuto in forza di polizza kasko.

L’assicuratore pretendeva, combinando in modo curioso clausole contrattuali e principi codicistici, di ridurre l’indennizzo al danneggiato che aveva portato il mezzo a riparare presso un carrozziere non fiduciario.

La clausola contrattuale oggetto di contestazione è contenuta in un prodotto assicurativo e si trova nascosta tra le pieghe del frontespizio di polizza, in modo non chiaro, attraverso la previsione che “ per la riparazione Comfort è previsto l’indennizzo in forma specifica” e in forza di tale previsione l’assicuratore ritiene valida la previsione secondo la quale “Il Contraente …si obbliga a far riparare il veicolo solo presso una carrozzeria o autofficina convenzionata con la Società …” e che “…In caso di danno parziale, se l’assicurato deciderà: a) di riparare il proprio veicolo presso un’altra carrozzeria o autofficina non convenzionata con la Società, per le garanzie Incendio, Furto e rapina, Fenomeni naturali, Eventi Socio – politici, Kasko, è applicato lo scoperto del 20%, aggiuntivo rispetto a quello pattuito sulla scheda “Parte B” del contratto; se quest’ultimo non è pattuito, è comunque applicato lo scoperto del 20%…”.

 

Una clausola vessatoria e pasticciata: il risarcimento in forma specifica che si trasforma in aggravio della scopertura.

Come al solito gli assicuratori sembrano dimenticare che il risarcimento in forma specifica è disciplinato dal codice civile e in forza dell’art. 2058, oltre che dei principi civilistici che disciplinano l’assicurazione per i danni, l’obbligo dell’assicuratore resta quello di indennizzare, cioè di pagare sempre e comunque una somma in danaro equivalente al valore della cosa danneggiata.

Per essere più chiari: se il valore del danno risarcibile è 100 il danneggiato va risarcito di tale importo al netto delle scoperture. E’ pure ovvio che il danno va risarcito a prescindere dalla circostanza che il mezzo venga riparato o meno, vista la funzione indennitaria della assicurazione.

Quindi la pretesa dell’assicuratore di pagare somme diverse a seconda di chi ripari il mezzo è evidentemente infondata.

La natura vessatorria della clausola.

Ma se ciò non bastasse a chiarire la illegittimità di simili previsioni contrattuali va osservato che in ogni caso clausole del tipo di quelle i9n contestazione, sono comunque da ritenersi, per come esposte e scritte, in violazione dell’art. 1341, comma 1, c.c. che sancisce il c.d. obbligo di trasparenza e conoscibilità di tali condizioni , e pertanto in caso di controversia compete comunque all’assicuratore dare la prova (sostanzialmente impossibile) di avere adottato tutti gli accorgimenti necessari a consentire al contraente di conoscerne la reale portata usando l’ordinaria diligenza.

In concreto ogni riparatore che ha una certa dimestichezza con il prodotto assicurativo oggetto della sentenza sa che sulla scheda di polizza è indicato in modo “trasparente” e di facile “conoscibilità” solo lo scoperto del 10% e la franchigia/minimo non indennizzabile di €. 500,00 mentre non è affatto chiaro che esista un ulteriore scoperto.

Inoltre la clausola predisposta dall’assicuratore che prevede la riduzione dell’indennizzo nella misura del 30% se la riparazione del veicolo avviene presso una carrozzeria non convenzionata è comunque vessatoria ex art. 1341, comma 2 c.c., poiché di fatto costituisce una restrizione alla libertà contrattuale del contraente nei rapporti con i terzi, compromettendo il diritto dell’assicurato che non sarebbe più libero di decidere da chi far riparare la macchina.

Una tale clausola, si ripete, per essere valida deve essere conoscibile, oggetto di specifica trattativa individuale e oggetto di approvazione per iscritto.

Notoriamente la prova della conoscibilità non può essere data mediante “la generica dichiarazione di aver preso conoscenza delle clausole contrattuali e diapprovarle tutte”. (cfr. Cass. 17.3.1998, n. 2849, rv. 513715; Cass. 9.1.98, n. 1317, rv. 512393)…”.dal momento che le polizze sono predisposte unilateralmente dall’assicuratore.

Ovviamente il fatto che la nullità sia invocata da un riparatore cessionario e non dal contraente la polizza non comporta alcuna limitazione a farla valere perché si tratta di nullità-inefficacia che è sempre e comunque rilevabile d’ufficio dal Giudice come chiarito anche dalla Corte di giustizia CE (Corte di giustizia CE, Sez. IV, 4/06/2009, Sentenza C-243/08) che ha ribadito essere compito del “giudice … garantire l’effetto utile della tutela cui mirano le disposizioni della direttiva. Di conseguenza, il ruolo così attribuito al giudice nazionale dal diritto comunitario nell’ambito di cui trattasi non si limita alla semplice facoltà di pronunciarsi sull’eventuale natura abusiva di una clausola contrattuale, bensì comporta parimenti l’obbligo di esaminare d’ufficio tale questione, a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine…

Carrozzieri: attenzione al futuro perché ora la infondata pretesa dell’assicuratore furbetto di differenziare i risarcimenti dilaga anche in RC auto.

Come si è visto la pretesa dell’assicuratore di differenziare indennizzi a seconda di chi provveda alla ripara il mezzo è priva di fondamento. Ma evidentemente il diritto talvolta viene piegato a logiche diverse e ora sono spuntate anche in RC auto clausole simili.

Poichè in RC auto il diritto del danneggiato ad essere risarcito del danno non incontra alcun limite nel contratto assicurativo stipulato tra l’assicurato e il proprio assicuratore, ma dipende dai principi generali del codice civile non è evidentemente possibile neanche ipotizzare limitazioni contrattuali al risarcimento del danno.

La Cassazione ha peraltro chiarito (Cass. VI, Ordinanza n. 5928 del 2012) che anche nella ipotesi di risarcimento diretto l’obbligo dell’assicuratore di risarcire rimane di tipo extracontrattuale cioè non può essere in alcun modo limitato da un contratto.

Infatti “ l’azione diretta (cioè il diritto del danneggiato di fare eventualmente causa alla propria assicurazione ) di cui al D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 149 (norma che disciplina e prevede il risarcimento diretto) non origina dal contratto assicurativo, ma dalla legge, che la ricollega al verificarsi del sinistro a certe condizioni assumendo l’esistenza del contratto assicurativo solo come presupposto legittimante, sicché la posizione del danneggiato non cessa di essere originata dall’illecito e di trovare giustificazione in esso, assumendo la posizione contrattuale del medesimo verso la propria assicurazione soltanto la funzione di sostituire l’assicurazione del danneggiato a quella del responsabile nel rispondere della pretesa risarcitoria. Ne consegue che la posizione del danneggiato resta quella di chi ha subito un illecito civile…”.

In altre parole la compagnia diretta risarcisce il danno “al posto” della compagnia del responsabile civile e quindi non può opporre alcun tipo di limitazione ai diritti risarcitori del danneggiato visto che alla materia non è applicabile alcun tipo di clausola contrattuale che eventualmente preveda limiti o condizioni al diritto del danneggiato di essee integralmnete risarcito.

Simili pretese sono evidentemente il frutto perverso di incultura giuridica e arroganza aziendale, e ove non rimangano allo stato di declamazioni buone solo per tentare di condizionare i carrozzieri indipendenti  e i loro clienti, non potranno che provocare una serie infinita di cause il cui esito, visto il chiaro orientamento della Cassazione, è solo la sicura soccombenza dell’assicuratore furbetto.

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Ufficio Studi Federcarrozzieri.